Thursday, June 7, 2007

La qualità dei servizi psichiatrici - 5 giugno 2007

L’articolo comparso il 04.06.07 su Il Messaggero che descrive lo stato in cui versano i pazienti e i familiari dell’SPDC (servizio di psichiatria diagnosi e cura) del Forlanini offre lo spunto per una riflessione sullo stato della psichiatria romana e costituisce un’utile occasione per affrontare pubblicamente la qualità dei servizi psichiatrici.

La psichiatria non è solo ospedaliera (ricoveri in SPDC) ma anche territoriale (centri di salute mentale, day hospital, centri diurni, case famiglia, gruppi appartamento, comunità terapeutiche); la prassi terapeutica della continuità nella presa in cura, del sostegno alle famiglie (o di prevenzione), che i Dipartimenti di Salute Mentale assicurano nel territorio delle ASL, non sempre viene mantenuta nei momenti "difficili", in cui fatti psicopatologici acuti o anche sociali richiedono un ricovero in SPDC come menzionato nell’articolo.

Ovvero, non sempre i criteri di una psichiatria che mette al centro del rapporto terapeutico "la relazione" con la persona, il rispetto della dignità e del suo mondo altro, sono garantiti nei momenti di crisi con il ricovero. Questo accade infatti, solo quando in un Dipartimento di Salute Mentale le varie strutture intermedie che la definiscono lavorano a compartimenti stagni piuttosto che in continuità tra loro. La contenzione, la operano le persone, non le ASL.

Chi lega, lo fa verosimilmente perché avrà una cultura personale del legare e rinchiudere. Fatti a responsabilità individuali da accertare, determinare e sanzionare con le conseguenze del caso e parallelamente trasformare per un recupero delle "buone pratiche". Vorremmo qui ricordare, per onestà intellettuale il faticoso lavoro di tutti quei Direttori Generali che da due anni governano le ASL Laziali in una faticosa operazione di risanamento del disastroso bilancio sanitario regionale onde promuovere tutti gli investimenti utili per migliorare l’offerta terapeutica.

L’ambiente umano (strutture) è un fattore terapeutico (dell’accoglienza e del rispetto) di per se come la cultura dello stare "insieme con" in pazienti. Allora ci si chiede come mai chi dirige simili contesti non ha chiesto in tutti questi anni investimenti strutturali piuttosto che inquinare il clima della relazione umana. Problema anche per i lavoratori della salute mentale perché operare in un clima in cui si contiene fisicamente o attraverso la somministrazione di farmaci ad alti dosaggio, non aiuta l’incontro umano e professionale con il paziente e né a vincere la paura e la diffidenza reciproca tra pazienti e professionisti sulla possibilità di curare in un clima di rispetto, sostegno e alleanza.

Le indicazioni per una psichiatria del rispetto, dell’alleanza terapeutica, del coinvolgimento delle risorse familiari e sociali vengono tra l’altro dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e ne è conferma il rispetto per la riforma psichiatrica italiana in ambito UE, che il Parlamento Europeo indica come esempio per i suoi Paesi Membri.

Psichiatria Democratica Lazio

(5 giugno 2007)

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